venerdì 30 dicembre 2011

Gesù, Maria, Giuseppe… “Non c’era posto per loro”… nella cattedrale

Benedetto XVI, nella messa di mezzanotte di Natale, quest’anno, ha pronunciato un’omelia tutta incentrata su san Francesco per la sua meravigliosa “invenzione” del presepio, a Greccio, nell’anno 1223. Spiegando che quell’umile rappresentazione coglie il cuore del cristianesimo.
Incredibilmente, proprio quest’anno, il vescovo di Rieti, che è il vescovo di Greccio – cioè del luogo dove Francesco inventò il presepio – ha deciso: niente più storico presepio nella cattedrale.
Gesù bambino, la Madonna, san Giuseppe, con i pastori e i magi… Come a Betlemme duemila anni fa, “non c’era posto per loro” nella cattedrale di Rieti.
Negli anni scorsi su queste pagine più volte abbiamo criticato certe crociate ideologiche contro il presepio, soprattutto nelle scuole, dovute a professori o presidi imbevuti di “politically correct” che consideravano quella tradizione cristiana una discriminazione verso alunni di religione islamica.
Ma non era mai capitato che fosse un vescovo ad “abolire” il presepio e soprattutto sta facendo clamore – nella rete – il fatto che si tratti proprio del vescovo di Greccio.
PAROLE SCONCERTANTI
Più ancora della decisione in sé, hanno sconcertato le motivazioni che sono state fornite dal settimanale diocesano di Rieti per giustificare la scelta.
La toppa è stata molto peggiore del buco.
Infatti il giornale ha scritto che si tratta di “una scelta di sobrietà” e “un segno tangibile di condivisione”. Condivisione di cosa? Con chi? Il presepio lo fanno tutti. E poi perché “scelta di sobrietà”?
In omaggio al governo Monti, “sobrio” per definizione? Siamo a tal punto alla mercé delle mode politiche da svendere il presepio?
Allora il papa che anche quest’anno (come tutti i parroci della Chiesa Cattolica) ha fatto allestire il presepio in piazza San Pietro non avrebbe fatto una scelta “sobria” e “di condivisione”?
La Curia reatina sembra considerare il presepio un segno di “edonismo”. Ma ignora – proprio lei – la storia del presepio? Esso nasce dal santo della povertà come segno di amore al Salvatore da parte dei più poveri e dei più semplici.
L’ineffabile settimanale diocesano reatino sostiene che sarebbe “superficiale” (oltreché “edonista”) chi giudicasse criticamente la cancellazione del presepio.
Dunque la Curia reatina – unica nella cristianità – avrebbe dato un segno di profondità e di ascesi? Negando il presepio ai fedeli?
Il giornale diocesano dice che dobbiamo “contribuire a recuperare risorse”. Abolendo il presepio? Non sarebbe un risparmio maggiore abolire il giornale diocesano visto che – anche in questo numero – sembra preoccupato soprattutto di difendere le esenzioni dall’Ici della Chiesa?
Il settimanale motiva la “cancellazione” del presepio invitando a “rinunciare a quello che ci sembra necessario per concentrarci su quello che è essenziale”.
Ebbene, la difesa dell’esenzione dell’Ici sarà “necessaria” per la Chiesa, ma davvero non sembra “l’essenziale” della sua missione nella storia. Oppure tutto si è capovolto?
GESU’ CACCIATO
Un fedele ha scritto: “La Cattedrale senza presepe non è per nulla più sobria, è solo più brutta, e la bruttezza non salverà certo il mondo… se si deve rinunciare ad usare la bellezza per parlare al mondo di Dio, cosa che costituisce l’unica ragione di essere di una cattedrale, allora è la cattedrale ad essere superflua”.
In realtà dal 1997, su direttiva dei vescovi, è stato sfrattato dalle chiese italiane lo stesso Gesù eucaristico (si è infatti imposto di relegare il tabernacolo in qualche sgabuzzino) per cui non c’è da sorprendersi che ora venga sfrattato anche il presepio.
C’è il rischio che quello di Rieti sia solo l’inizio di un altro crollo a catena.
Notevole è un altro sofisma della Curia reatina, secondo cui “l’assenza in questo caso vale più della presenza”.
Un lettore ha ribattuto: “Non ho parole… nemmeno il governo Monti nella manovra pensioni ha avuto il coraggio di usare boutade di questo genere…”.
Del resto se questa “assenza” voleva essere una “provocazione” alla serietà della fede ha risposto a tono Riccardo Cascioli, sul giornale cattolico online La bussola quotidiana: “Chissà che bella provocazione alla nostra fede quella domenica che entrando in chiesa, trovassimo l’avviso: ‘La messa non si celebra per richiamare all’essenziale’. Chissà quante conversioni fulminanti”.
SOBRIETA’ E ROTARY
Dei lettori di Rieti ci scrivono mail indignate: “il vescovo vuole che teniamo solo l’essenziale e cancelliamo via, per ‘sobrietà’ e ‘solidarietà’, tutto ciò che non è essenziale. Sarà per questo che quest’anno è andato al Rotary Club di Rieti a ricevere il Premio ‘Sabino d’oro’ consistente in una placca d’argento dorato su cui è incisa l’immagine di un Guerriero Sabino stilizzato? Era proprio essenziale per la fede?”.
Dal reatino ci segnalano altre iniziative con cui quest’anno la Chiesa di Rieti ha mirato all’ “essenziale”.
Per esempio, durante i festeggiamenti di S. Antonio, conclusi dalla solenne celebrazione del vescovo, segnalano – oltre all’illuminazione delle maggiori vie cittadine (fatta forse per “recuperare risorse”) – l’”essenziale” festa del “Bertoldo show”, lo spettacolo dell’Orchestra Sonia e il Duo di Pikke, il fondamentale (per la fede) spettacolo “Pizzica e Taranta” con i tamburellisti di Torrepaduli, il concerto della Rino Gaetano band, quello della banda di Poggio Bustone, l’imperdibile (per il bene delle anime) concerto Erosmania, con Antonella Bucci e il comico Gabriele Cirilli, per non dire della distribuzione della “tradizionale cioccolata calda” che è un tocco di ascesi e di spiritualità.
Il tutto concluso dalla processione solenne col vescovo  seguita, a ruota, dallo spettacolo pirotecnico della ditta pirotecnica Morsani.
E dopo ciò invocano la “sobrietà” per far fuori il presepe.
Si dirà: suvvia, quello della Curia di Rieti è stato uno sbaglio, ma non facciamola lunga, in fondo è solo un presepio. E’ vero.
MENTALITA’ PROTESTANTE
Ma dietro questa scelta in realtà fa capolino una mentalità purtroppo assai diffusa nel mondo ecclesiastico-episcopale, la quale intimamente disprezza la devozione popolare, ritenendola preconciliare e fastidiosamente “materialista”, mentre sarebbe da preferire una presunta purezza della spiritualità incarnata dai discorsi degli “addetti ai lavori” (da qui anche l’ostilità verso santi popolari come padre Pio o verso realtà come Medjugorije).
Ora, a parte la somiglianza di questa mentalità clericale, un po’ iconoclasta, con quella protestante, c’è da dire che il presepio e la venerazione dei santi e della Madonna sono quanto c’è di più cattolico, proprio perché esprimono il desiderio di toccare con mano e vedere il Dio che si fa uomo e che entra nella carne della nostra vita, si prende sulle spalle le nostre sofferenze e le nostre miserie.
LA LEZIONE DEL PAPA
E’ precisamente per questo che il papa, la notte di Natale, ha pronunciato quella poetica meditazione sul presepio di san Francesco a Greccio, dove si rese visibile una nuova dimensione del mistero del Natale”.
Francesco di Assisi “baciava con grande devozione le immagini del bambinello e balbettava parole di dolcezza alla maniera dei bambini, ci racconta Tommaso da Celano … attraverso di lui e mediante il suo modo di credere” ha aggiunto il papa “è accaduto qualcosa di nuovo: Francesco ha scoperto in una profondità tutta nuova l’umanità di Gesù… Tutto ciò non ha niente di sentimentalismo. Proprio nella nuova esperienza della realtà dell’umanità di Gesù si rivela il grande mistero della fede. Francesco amava Gesù, il bambino, perché in questo essere bambino gli si rese chiara l’umiltà di Dio”.
Il Papa ha concluso:
Proprio l’incontro con l’umiltà di Dio si trasformava in gioia: la sua bontà crea la vera festa. Dobbiamo seguire il cammino interiore di san Francesco – il cammino verso quell’estrema semplicità esteriore ed interiore che rende il cuore capace di vedere. .. ed incontrare il Dio che è diverso dai nostri pregiudizi e dalle nostre opinioni: il Dio che si nasconde nell’umiltà di un bimbo appena nato”.
Antonio Socci
Da “Libero”, 30 dicembre 2011

martedì 27 dicembre 2011

L'osservatorio critico: Dove sono tutti coloro che si strappano le vesti?

L'osservatorio critico: Dove sono tutti coloro che si strappano le vesti?: Ventisette persone inermi, con l'unica colpa di credere in Gesù Cristo spazzate via dall' intolleranza religiosa, dall'arroganza e dalla pr...

Dove sono tutti coloro che si strappano le vesti?

Ventisette persone inermi, con l'unica colpa di credere in Gesù Cristo spazzate via dall' intolleranza religiosa, dall'arroganza e dalla prepotenza di un gruppo di fanatici, sono stati uccisi la sera di Natale mentre si trovavano in chiesa durante la Santa Messa. Durata della notizia: ventiquattro ore. Anche loro avevano familiari a casa, persone che non rivedranno più, persone che aspetteranno il loro ritorno a casa inutilmente. Ma sono già nel dimenticatoio come migliaia di altri cristiani morti ammazzati magari torturati fino allo stremo per mano del fanatismo islamico. Il loro sangue versato inutilmente vale essere ricordato non più dello spazio di una notizia che corre sulle pagine dei giornali. E io ora chiedo a tutti i fratelli cristiani in Cristo Gesù che amano sfilare per i diritti degli uomini anche di altre religioni, a tutte le comunità religiose che si schierano contro la prepotenza dell' intolleranza e del razzismo, i vari Onorevoli, Bersani, Casini tanto per dirne qualcuno, i sindaci, le associazioni pacifiste, i centri sociali:  dove siete? Questo sangue versato non è uguale all'altro sangue versato magari per mano di un folle esaltato? Perché non scendete in piazza questa volta a dire "no" alla barbarie di vedere civili, madri, bambini uomini inermi che sono stati uccisi senza una ragione apparente? Il panettone vi ha talmente impigrito le coscienze o ci sono veramente morti di serie A e di serie B? L'unica speranza per loro, credenti c'è,  ed è la speranza che risiede nei veri credenti quella per cui sono morti:  nel mio nome vi uccideranno , ma grande è la vostra ricompensa nei cieli, ha assicurato loro Cristo Gesù. Ma questa è un'altra storia. Ma in terra per loro non ci saranno statue, piazze, ma solo il silenzio. L'ipocrisia. e gli interessi politici regnano sovrani. che tristezza!
Saluti
Lorenza Cordovani




mercoledì 21 dicembre 2011

Monti ci uccide di tasse poi assume gli stataliUn maxi concorso nella scuola pubblica per 300mila persone entro il 2012.

Dove vanno i nostri soldi: il governo dei prof vuole imbarcare 12.500 insegnanti e 400 forestali. L'esatto contrario di quel che dovrebbe fare


 
Messa così, l’annuncio del ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, sembra una manna scesa dal cielo, una roba da presepe, che ci fa già sentire in pieno clima natalizio. L’immagine di Babbo Natale Profumo che ci fa trovare sotto l’albero migliaia di posti di lavoro nuovi di zecca, però, svanisce in fretta se pensiamo al Senato c’è una bella manovra correttiva in via di approvazione che ci regala per i prossimi tre anni, al netto della stangata sull’Iva, 44,1 miliardi di nuove tasse a fronte di soli 18,2 miliardi di tagli. L’idea di sborsare altri quattrini pubblici per assumere nuovi statali mentre il governo è costretto a tassare pure i libretti di risparmio postali e le sigarette pur di far tornare i conti non è proprio entusiasmante. Tanto più che solo qualche mese fa la tanto contestata ex ministra Maria Stella Gelmini ha fatto i salti mortali per imbarcare nei nostri istituti scolastici, con l’accordo dei sindacati (tranne, ovviamente, la Cgil) 66mila lavoratori (di cui 30mila insegnanti) prendendoli dalle liste dei precari e senza incidere sui saldi dei conti pubblici.
Certo, Profumo non ha torto quando spiega che da «13 anni non ci sono più concorsi pubblici» e che «questo è un tema su cui lavorare». Ma cosa diversa è dare la sensazione che il prossimo anno centinaia di migliaia di giovani potrebbero diventare dipendenti dello Stato. Lo stesso ministero dell’Istruzione si è affrettato a precisare che di posti liberi, soprattutto dopo l’aumento dell’età pensionabile previsto in manovra, se ne prospettano non più di 20-25mila l’anno. Di questi 12mila e 500 verranno coperti attingendo dalla graduatorie permanenti ad esaurimento mentre altri 12mila e 500 posti disponibili verranno assorbiti attraverso il concorso. Anche in questi termini, però, l’annuncio del ministro sembra un po’ avventato. L’intenzione di Profumo è quella da un lato di smaltire il «precariato storico» e dall’altro dare una risposta ai giovani che non sono riusciti ad entrare nelle graduatorie, «ma si sono formati per fare gli insegnanti». Il problema è che in Italia, malgrado una diminuzione del 5% quest’anno con le assunzioni della Gelmini, lo stock di precari che si è accumulato nei decenni con scelte dissennate del legislatore ammonta ancora a circa 240mila unità (il 12,9% degli insegnanti). E che, come dicono anche i sindacati, riaprire i concorsi senza effettuare un monitoraggio dettagliato dei posti disponibili rischia solo di aumentare ancora di più la schiera degli abilitati senza cattedra.
Resta, poi, tutta da verificare l’esigenza di nuovo personale. È vero che su alcune specializzazioni le graduatorie di precari sono praticamente esaurite ed è vero anche che l’Italia è uno dei Paesi che spende meno complessivamente per la scuola, ma il quadro disegnato dal confronto internazionale ci dimostra che i problemi sono altri. Sfogliando l’ultimo rapporto Ocse del settembre scorso (su dati 2008-2009) si scopre, infatti, che in Italia c’è un insegnante ogni 10,7 alunni nella primaria contro una media internazionale di 16, uno ogni 11 nelle secondarie (media Ocse 13,5) e una media generale di 21,5 contro 23. Anche sulla spesa, quella complessiva in rapporto al pil è del 4,8% rispetto alla media Ocse del 5,9% e alla media Ue del 5,5%. Il rapporto si ribalta, però, nella spesa per studente, dove in Italia in media è di 9.149 dollari l’anno per tutto l’arco scolastico rispetto agli 8.831 dell’Ocse e gli 8.702 dell’Europa. Dato che, se incrociato con quello sugli investimenti privati, dovrebbe far riflettere il nuovo governo tecnico, per ora assai avaro sul fronte liberalizzazioni. La quota di spese non pubbliche sul totale dei costi dell’istruzione in Italia è dell’8,6%, molto inferiore sia al 16,5% della media Ocse sia al 10,9% di quella europea.
di Sandro Iacometti20/12/2011

Camera, casta dei commessi Prendono 9mila euro al mese

 Montecitorio i privilegiati non sono solo i poltici: addetti incassano assegni da sogno. Primo impiego: 2.618 euro Da Libero Quotidiano -21/12/2011
La casta nella casta: quella dei commessi della Camera. Sono 1.642, esclusi i collaboratori dei parlamentari, e incassano cifre che suscitano rabbia. Sono gli addetti che si muovono tra le stanze di Montecitorio: gli assistenti, i commessi parlamentari che ricoprono un'infinità di mansioni, dall'operatore tecnico al segretario a colui che è incaricato di sedare le risse tra onorevoli. E i segretari, per cominiciare da quest'esempio, vantano un assegno mensile superiore a quello del Presidente della Repubblica. La cifra complessiva per la spesa di Monteciotorio per i commessi è impressionante: per stipendi e pensioni dei 1.642, nel 2010, sono stati sborsati 508 milioni e 225 mila euro, più di mezzo miliardo di euro. Una casta nella casta, questa, quasi tre volte più numerosa rispetto alla cerchia dei politici.

6mila euro al mese - 
Consultando il bilancio consuntivo 2010 di Montecitorio cresce il disgusto: per gli stipendi del personale - ossia commessi, ascensoristi, consiglieri, stenografi - la spesa è stata di 256 milioni e 128 mila euro. Tradotto, in media, un dipendente incassa 155mila e 985 euro anni, pari a 6mila euro netti al mese. Altro esempio: uno stenografo incassa quasi 260mila eruo l'anno. Altre cifre che faranno rabbia a chi mese dopo mese suda e si spacca la schiena per un migliaio di euro: al primo impiego lo stipendio base è di 2.618 euro netti, che dopo 15 anni di lavoro arrivano a 5.613 e dopo 35 possono arrivare all'impressionante vetta di 9mila e 400 euro.

Pensioni da sogno -
 Fino alla scorsa settimana la casta dei commessi godeva anche di condizioni da sogno per quel che riguardava l'accesso all'eden pensionistico. Certo, godevano un po' meno dei politici, ma fino al 2009 i commessi di Montecitorio potevano andare in pensione anche a 57 anni con 35 anni di contributi. Le nuove norme, che sono state stabilite dall'ufficio di presidenza lo scorso 14 dicembre, hanno alzato l'asticella: anche per questa casta è stata imposta la pensione a 65 anni con metodo contributivo. Una magra, magrissima consolazione.

lunedì 19 dicembre 2011

Case gratis ai rom Proposta choc di Riccardi Ma agli italiani chi pensa?

Case gratis ai rom Proposta choc di Riccardi Ma agli italiani chi pensa?

Il ministro per la Cooperazione internazionale Andrea Riccardi non ha dubbi su come evitare in futuro episodi di intolleranza nei confronti dei nomadi: dare loro una casa. Ora, a parte che ci sono migliaia a migliaia di italiani per i quali la casa resta un miraggio, cosa c'entra tutto questo con un governo tecnico? IL RITRATTO Riccardi, il prete laico che s'improvvisa tecnico / Giancarlo Perna

di  - 
Il ministro (hi-tech) per la Cooperazione internazionale e l’integrazione, Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant’Egidio e Cavaliere di III classe dell’Ordine di Radonez, non ha dubbi. Per favorire sviluppo e crescita bisogna investire sui figli dei rom (comunemente chiamati zingarelli e zingarelle), sulla loro scolarizzazione. Né ha dubbi su come evitare in futuro episodi di intolleranza nei confronti dei nomadi - episodi che «mettono a rischio l’integrazione», e su questo non ci piove, ma anche «la tenuta del Paese», e su questo concetto, invece, non cade una goccia: dar loro una casa, «perché la vita in una casa favorisce l’integrazione e il superamento della provvisorietà».
Ora, va bene l’emergenza, va bene fare a casa i compiti dettati dalla Merkel, va bene il martellante disprezzo per la classe politica e per chi l’ha eletta, va bene un Napolitano che calza, ma alla ventitré, il kepì di De Gaulle: ma questo Riccardi, che ci azzecca col governo tecnico? Questo Riccardi che ripete, da ministro in carica, con le responsabilità di un ministro in carica, i luoghi comuni buonisti, roridi, multiculturali, multietnici e multi tutto in uso nei salotti buoni (tutti siti a grande distanza dagli insediamenti rom) dove si pratica a chiacchiere, tra un frizzantino e un teuccio, l’«impegno nel sociale»? Questo Riccardi che a chi gli obiettava che gli zingari non vogliono essere «stabilizzati», non ci vanno nelle case, non mandano i loro figli a scuola, risponde, giulivo, che ci vuole più «dialogo», col quale nei salotti buonisti, sempre fra un frizzantino e un teuccio coi Pavesini, s’è certi che tutto s’ottiene, tutto s’aggiusta.
Ammettiamo pure che fino a ieri Andrea Riccardi vivesse tra le nuvole della sua comunità, dividendosi tra i sospiri per la pace nel mondo e i dialoghi con i suoi beneamati zingari. Ma ora, membro di un governo sobrio quanto si vuole ma stangatore cieco come pochi altri, dovrebbe saperlo. Dovrebbe sapere che ci sono migliaia a migliaia di italiani per i quali la casa resta un miraggio. 
Altrettanti se non di più che non sanno più come seguitare a pagare il mutuo per quelle che dopo mille calcoli, riflessioni e patemi d’animo erano diventate le loro agognatissime quattro mura. Dovrebbe sapere che si mette male e si mette male per tutti: che non c’è più una lira. E lui, il Cavaliere di III classe dell’Ordine di Radonez, cosa ti va a proporre? Di offrire a titolo grazioso una casa ai 130-150mila nomadi temporaneamente stanziati in Italia.
O, in via alternativa, dar loro una consistente buonuscita in contanti - si chiama, in gergo santegistese, «rimpatrio assistito» - perché se ne tornino da dove son venuti. Oltre tutto, se se la passassero davvero male qui da noi, gli zingari se ne sarebbero già tornati, chi pedibus calcantibus chi a bordo della propria Mercedes (esente da bollo e assicurazione, eh, son nomadi...) alle loro regioni, alle loro pustze.
Se restano, vuol dire che si trovano a proprio agio avendo trovato terreno fertile per l’accattonaggio, lettura della mano, furti e furtarelli, recupero forzoso d’ogni pezzo di rame in circolazione e altre attività che appartengono, come ci è stato insegnato, alla loro grande cultura. Non che manchino gli zingari dediti a lavori leciti, per carità.
Ma caso vuole, quelli coi quali si ha a che fare, quelli che incontriamo per strada nei pittoreschi costumi della loro grande, grandissima cultura, sono i primi. Andrea Riccardi vorrebbe tanto farceli piacere, ma quello di privilegiarli regalando loro case e soldi - negate le une e negati gli altri al cittadino italiano in bolletta - non par proprio essere la strada giusta. Ci manca solo, oltre a quelle che già ci ammorbano, la casta dei Rom da mantenere a pane, burro e marmellata.

Anzitutto diciamo la verità: non è in corso una crisi, ma una guerra

Posted: 18 Dec 2011 05:52 AM PST
“Sembra che una coltre di oscurità sia scesa sul nostro tempo e non permetta di vedere con chiarezza la luce del giorno”, scrive il Papa nel suo messaggio per la giornata mondiale della pace.
Ma da dove viene questa tenebra che produce ansia e insicurezza? Cosa esattamente sta accadendo e perché?
I saputelli di casa nostra indicano il nostro “debito pubblico”, ma la risposta è sbagliata (e provinciale) perché era a questi livelli anche dieci anni fa.
Del resto il Giappone ha un debito pubblico che è quasi il doppio del nostro e un’economia che va male eppure non è minacciato da speculazione e default.  
Noi abbiamo le nostre colpe, ma è assai più complesso scoprire perché d’improvviso tutto l’Occidente (anche Francia, Spagna o Germania e Stati Uniti) si trova sull’orlo dell’abisso.
NON CRISI, MA GUERRA
Il primo passo per capire e uscire fuori dalla foresta oscura è dare il giusto nome alla cose. Diciamo allora la verità. Quella in cui ci troviamo non è una “crisi”, ma una “guerra”. Passa un’enorme differenza tra le due situazioni.
Una “crisi” infatti è come un disastro naturale (terremoto o alluvione) o come la traversata di un deserto: ci fa sentire uniti da un compito comune e fa dire a delle persone in gamba che è addirittura “un’opportunità” (espressione che io però userei sempre con cautela o mai perché ci sono delle vittime).
Ma una “guerra” invece non è “un’opportunità” per nessuna persona perbene (solo loschi potentati bramano guadagnarci, ma di certo nessun uomo che abbia una moralità).
In una guerra ci sono nemici, interessi in conflitto e forti che assalgono deboli. In una guerra è vitale capire chi sta combattendo, per cosa e come. E da che parte stiamo noi.
A me pare che molte persone in gamba (penso al mondo cattolico) siano incorse nell’abbaglio di confondere una guerra con una crisi, scambiando lucciole per lanterne, o le cannonate delle artiglierie per i fulmini di un temporale o per i fuochi d’artificio della festa paesana.
Ha colto bene la situazione invece il gruppo di Alleanza Cattolica di Massimo Introvigne che sulla rivista “Cristianità” ha proposto una riflessione molto interessante, partendo proprio dalla nozione di “guerra”.
E’ proprio perché non ci si è ancora resi conto che siamo in guerra – dice Cristianità – che molti, i quali condividono ideali comuni (per esempio cattolico-liberali o ispirati alla dottrina sociale della Chiesa) “rischiano  di dividersi tra loro”: sui “sacrifici”, il “governo dei tecnici”, l’Europa e altro.
Ed è anche per questo che in Italia i vecchi schieramenti politici si frantumano e tutto sta cambiando.
GUERRA ASIMMETRICA
Capiamo allora di che tipo di guerra si tratta. “Cristianità” spiega: “Almeno dal 2008 è in corso una guerra mondiale più difficile da capire di altre, perché combattuta non su campi di battaglia militari – almeno non principalmente, perché non mancano episodi di questo genere, come la guerra in Libia – ma nelle borse, nelle banche e nel sistema finanziario internazionale.
Che questa sia una modalità delle moderne guerre dette ‘asimmetriche’, a proposito delle quali la parola ‘guerra’ è usata in senso proprio e non solo metaforico, è stato chiarito dagli stessi ideatori della nozione di ‘guerra asimmetrica’, i colonnelli dell’esercito della Repubblica Popolare Cinese Qiao Liang e Wang Xiangsui, che nel loro libro ‘Guerre senza limiti. L’arte della guerra asimmetrica tra terrorismo e globalizzazione’, talora presentato come ‘la Bibbia dei nuovi conflitti’, oltre all’esempio del terrorismo citano precisamente quello delle aggressioni attraverso tecniche di tipo finanziario”.
Anche Mario Monti concorda che il problema comincia nel 2008 con la grande esplosione dei “subprime” americani (costata 4.100 miliardi di dollari che hanno dissestato l’economia mondiale).
In una conferenza tenuta alla Luiss nel febbraio scorso affermava che anche in quel caso il disastro “è stato per un problema di regole e soprattutto di ‘enforcement’ delle regole” (cioè di attuazione, esecuzione delle regole) e – proseguiva Monti – “non tanto per carenze nei meccanismi di ‘enforcement’ quanto per il motivo più brutto che può star dietro a questa mancanza”.
Monti indicava l’atteggiamento dell’autorità che doveva sorvegliare i mercati e “le sue genuflessioni di fronte al mondo del grande capitalismo americano in quegli anni… ma anche abbiamo visto l’asservimento di finalità sociali, come quella di dare l’alloggio in proprietà ad ogni americano. Per cui si sono fatte cose turpi. Nessuno ha osato richiamare al rispetto di certe regole che pure esistevano”.
Anche Monti – a proposito di questa regolazione dei mercati – parla di “conflitto, non armato, ma conflitto”.
Resta da capire se, quanto e come tale regolazione “bellica” di forze finanziarie più potenti degli stati possa essere imposta da tecnocrazie spesso provenienti dallo stesso mondo finanziario e bancario e con procedure che sembrano annacquare sempre più democrazia e sovranità popolare.
PERDENTI E VINCENTI
“Cristianità” scrive:
“Dopo che la crisi del 2008, seguita dall’elezione di un presidente degli Stati Uniti particolarmente inadatto a governarla, ha dimostrato che per la prima volta dopo la fine della Seconda guerra mondiale l’egemonia statunitense può essere messa in discussione, si è scatenata una guerra asimmetrica di tutti contro tutti per cercare di sostituirla con ‘qualche cos’altro’, dove i principali contendenti sono la Cina, alcuni Paesi arabi – che si muovono anche secondo una logica di tipo religioso –, e il BRI, sigla riferita a Brasile-Russia-India, Paesi che si considerano le potenze economiche emergenti del futuro e formano il cosiddetto BRIC con la Cina, con cui però hanno interessi non coincidenti”.
Questa descrizione della situazione ha molti annessi: per esempio l’atteggiamento della Gran Bretagna risente del fatto che la sua prima “industria” è quella finanziaria e i capitali che hanno scelto Londra come loro “patria” sono anzitutto quelli del petrolio arabo. Bisogna tener presente infatti che i protagonisti in campo non sono solo degli interessi nazionali definiti perché vi sono ormai masse di capitali, senza patria e più potenti degli stati, che si muovono su loro logiche di profitto (o anche ideologiche o religiose).
Inoltre ci sono errori degli Stati Uniti e dell’Europa che hanno contribuito grandemente a dar fuoco alle polveri e a rendere l’Europa il vaso di coccio o meglio la preda.
Primo: gli Usa hanno “dopato” la loro economia non solo con le “bolle” speculative, ma anche consentendo alla finanza quell’errata globalizzazione che ha trasformato l’Asia e soprattutto la Cina in produttore a basso costo. Per questo hanno consentito quell’ingresso di schianto e senza condizioni della Cina nel Wto che ha messo in ginocchio le nostre produzioni e ha trasformato la Cina oggi nel “padrone” degli Usa (visto che ne detiene una parte significativa del debito pubblico).
Secondo. In Europa, col crollo del comunismo e la riunificazione della Germania, è riesploso lo scontro fra interessi nazionali, si è accantonata la cultura cattolica europeista di Adenauer, Schuman e De Gasperi e si è dato il potere a una tecnocrazia che ha inventato un’altra Europa, quella della moneta unica, senza una banca centrale come referente finale e senza un governo politico federale.
Così esponendo l’euro e l’Europa – inermi – agli assalti.
In questo scenario “bellico” l’Italia è un vaso di coccio che ha perfino osato andare per conto suo alla ricerca del petrolio libico e del metano russo.
Perciò hanno usato il suo storico debito pubblico (e certi errori della sua classe politica) per punirla e metterla a guinzaglio essendo peraltro una preda appetitosa per i tesori che possiede (dal grande risparmio delle famiglie, alle aziende di stato, al patrimonio pubblico in generale) e che molti vogliono spolpare.
La guerra continua e non è chiaro come si difende l’Italia e chi sta con chi.
 Antonio Socci
Da “Libero”, 18 dicembre 2011

Monti dichiari in pubblico di aver chiuso coi poteri forti



Dalla Trilateral al Bilderberg: è ora che il premier chiuda i suoi rapporti con le lobby dei poteri forti. Queste organizzazioni influenzano di sicuro le scelte dell'esecutivo. Il problema coinvolge anche molti ministri
di Magdi Cristiano Allam

Nel caso di Mario Monti e del suo governo di banchieri e di tecnocrati il conflitto d’interesse è dirompente e pressoché generalizzato, eppure sembra che non scandalizzi più la nostra classe politica che ha scelto di auto-commissariarsi.
Ebbene a noi cittadini italiani interessa assai perché se nel caso di Berlusconi il sospetto era legato al possibile vantaggio personale, nel caso di Monti la conseguenza concerne la perdita della nostra sovranità nazionale e la sottomissione dell’Italia ai poteri finanziari forti che si incarnano nelle istituzioni internazionali a cui lo stesso Monti aderisce con incarichi di responsabilità: Goldman Sachs, Commissione Trilaterale, Gruppo Bilderberg e Moody’s.
A dispetto del diniego di Monti espresso in Parlamento al momento della richiesta del voto di fiducia, noi possiamo documentare che lui fa parte di queste istituzioni.
Gli chiediamo pertanto una dichiarazione pubblica in cui Monti affermi di non farne più parte e di non essere in alcun modo vincolato al perseguimento dei loro interessi che non solo non collimano ma sono in contrasto con l’interesse nazionale dell’Italia che Monti ha giurato di salvaguardare all’atto formale del suo insediamento.
In una brochure pubblicata in occasione della conferenza annuale organizzata dall’Eabis (Accademia europea dell’impresa nella società), svoltasi l’11 e il 12 settembre 2006 presso la sede della Scuola manageriale Sda Bocconi a Milano si elencano le cariche ricoperte da Monti nelle istituzioni che corrispondono ai poteri finanziari forti.
Monti fin dal 2005 è consulente internazionale della Goldman Sachs, la più grande e potente banca d’affari al mondo.
Monti dal 2010 è membro del Consiglio direttivo del «club Bilderberg » (organizzazione che dal 1954 si riunisce una volta all’anno a porte chiuse e ai cui incontri, protetti da strettissime misure di sicurezza, partecipano, tra gli altri, i presidenti del Fondo monetario internazionale, della Banca mondiale e della Federal reserve; i presidenti di alcune tra le maggiori corporation mondiali quali Coca Cola, British Petroleum, Chase Manhattan Bank, American Express, Goldman Sachs, Fiat, Microsoft; vicepresidenti degli Stati Uniti, direttori della Cia e dell’Fbi, Segretari generali della Nato, senatori americani e membri del Congresso, primi ministri europei, capi dei partiti di opposizione, editori e direttori dei maggiori media mondiali).
Monti sempre dal 2010 è anche presidente del Gruppo europeo della «commissione trilaterale» altra organizzazione che tiene i suoi incontri in forma strettamente riservata, fondata nel 1973 dal magnate statunitense David Rockefeller, ufficialmente per favorire la cooperazione tra Europa, Stati Uniti e Giappone.
Monti nel 2010 risultava membro del «Comitato consultivo di alto livello per l’Europa» di Moody’s, una delle maggiori agenzie di rating al mondo.
Monti risulta essere il presidente della lobby belga «Bruegel», un think tank (gruppo che programma le strategie future) fondato nel 2005 che sta spingendo per l’unione fiscale dei paesi membri dell’Ue (ovvero per un ulteriore trasferimento di sovranità dagli Stati nazionali all’Unione Europea), composto da esponenti di spicco di 16 Stati e 28 multinazionali, alcune delle quali sono frequentatori abituali di altri club privati: Microsoft, Google, Goldman Sachs, Samsung, la Borsa di New York (Nyse), Unicredit.
Dal momento che le suddette organizzazioni, le cui riunioni avvengono con la sola partecipazione dei membri e degli invitati e sono rigorosamente interdette agli estranei, esercitano un’influenza ed un condizionamento crescente sull’opinione pubblica e le dinamiche politiche degli Stati nazionali (al punto che secondo alcuni sarebbero ormai quelle le vere sedi decisionali del pianeta, le assemblee legislative essendo ridotte a ruolo di facciata), il fatto che ad esse partecipino, addirittura con ruoli dirigenziali, alti esponenti delle istituzioni non eletti dal popolo italiano ed imposti con metodi ampiamente discutibili, sfruttando situazioni di emergenza create ad hoc dagli stessi soggetti che poi propongono le soluzioni, non può non destare estrema preoccupazione.
Da qui l’esigenza che Monti chiarisca senza ambiguità e reticenze che si è dimesso dagli incarichi ricoperti in tali organizzazioni e, conformemente al giuramento prestato, eserciterà le sue funzioni«nell’interesse esclusivo della nazione».
Il conflitto d’interesse è esteso anche a diversi ministri del governo Monti che ricoprivano incarichi in istituti di credito bancario e che mantengono la proprietà delle azioni anche se si sono dimessi dalle loro cariche dopo la nomina nel Governo: Corrado Passera, ministro dello Sviluppo economico e Infrastrutture, era l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo.
Elsa Fornero, ministro del Lavoro, delle Politiche sociali e delle Pari opportunità, è stata vicepresidente del Consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo.
Francesco Profumo, ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, ha fatto parte dei Consigli di amministrazione di Telecom Italia, di Pirelli e di Fidia.
Piero Gnudi, ministro del Turismo e dello Sport, ha ricoperto la carica di consigliere in Unicredit, in Astaldi e nel Gruppo 24 ore.
Piero Giarda, ministro dei Rapporti con il Parlamento, è stato membro dei consiglio di sorveglianza del Banco Popolare.
Paola Severino, ministro della Giustizia, è stata il legale di Francesco Gaetano Caltagirone, Cesare Geronzi, Romano Prodi e Giovanni Acampora.
Monti sappia che facciamo sul serio.
Non ci accontenteremo delle battute fatte il 18 novembre alla Camera richiedendo il voto di fiducia («Di poteri forti in Italia non ne conosco, magari l’Italia avesse un po’ più di poteri forti»).
O dichiari pubblicamente di non far più parte dei poteri finanziari forti che hanno realizzato con successo il colpo di Stato finanziario prima in Grecia e poi in Italia, oppure si assumerà le sue responsabilità morali, politiche e legali di fronte al popolo italiano che non avrà titolo per governare.

sabato 17 dicembre 2011

« IL VOSTRO CANCRO E' PIU' GRAVE DEL MIO. Un cancro ben più tragico, ben più irrimediabile del mio. Un cancro per il quale non esistono chirurgie, chemioterapie, radioterapie. Il cancro del nuovo nazifascismo, del nuovo bolscevismo, del collaborazionismo nutrito dal falso pacifismo, dal falso buonismo, dall'ignoranza, dall'indifferenza, dall'inerzia di chi non ragiona o ha paura. Il cancro dell'Occidente, dell'Europa e in particolare dell'Italia. »
(Oriana Fallaci)

Trova la differenza..

Napolitano ad Assisi ci compiace del provvedimento. Un segno del destino o un caso?

All'indomani  dell'approvazione del nuovo provvedimento composto per il 60 per cento da tasse che si riverseranno in un modo o in un altro nelle tasche degli italiani, il nostro Presidente con il suo elegante cappotto blu si trova ad Assisi, la città del poverello. Sarà un caso, un segno del destino o l'abilità del comunicatore l'aver scelto proprio Assisi per compiacersi del "superamento dello sforzo del parlamento" e per  ricordare ( a dire il vero lo ha fatto ieri) che le classi più deboli devono fare i loro sacrifici da offrire alla patria per un debito pubblico pari ad una voragine creata dai nostri politici, quelli per intenderci della prima Repubblica, quando  anche l' On. Giorgio Napolitano era deputato. E' stato il periodo concluso con la farsa di mani pulite.  Dico farsa perché con Mani pulite nessun politico, se non proprio qualche sfigato, è finito in galera per qualche periodo. Il debito pubblico però in quegli anni, manovra dopo manovra, è  aumentato di anno in anno, grazie ad un clientelismo che ha permesso assunzioni a pioggia nel pubblico impiego, che ha costituito enti inutili, che ha finanziato opere mai finite costate miliardi di vecchie lire, ha partorito partecipazioni statali fallimentari, ha sostenuto le grandi aziende private di "stato", insomma è inutile continuare: lo sfascio è sotto i nostri occhi. L'assistenza sanitaria ci costa un occhio della testa ma non funziona, si parla di sovraffollamento delle carceri quando ci sono interi fabbricati iniziati sempre in quel periodo destinati a quell'uso  e mai finiti, le ferrovie non funzionano se non forse nell'alta velocità, le infrastrutture cadono a pezzi perché nonostante i miliardi spesi, sono stati costruiti a risparmio, e via dicendo. E ora  si chiedono altri sacrifici agli italiani. D'altra parte non dimentichiamo che fu proprio il nostro grande presidente  ex esponenente del PCI, amico addirittura del buon Palmiro Togliatti, che durante l'occupazione dell'URSS dell'Ungheria per soffocare nel sangue i moti di liberazione ungheresi, commentò:" L'intervento sovietico ha non solo contribuito a impedire che l'Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, ma alla pace nel mondo". Anche il governo Monti e i suoi provvedimenti impediranno  di nuovo all'Italia di cadere nel baratro e nella confusione. E quindi anche i pensionati con cinquecento euro il mese, le famiglie dei disoccupati, dei cassaintegrati, degli operai, è bene che paghino senza protestare per non trasformarsi in "spregevoli provocatori" e " in esecrabili teppisti" . Questo ce lo dice il presidente napolitano dall'alto del suo reddito mensile che solo per il suo incarico riceve circa 20 mila euro al mese, che vive in palazzi per le cui spese ci costano 200 milioni di euro in bilancio annuale, con la sua quarantina di auto blu. Insomma cari concittadini italiani consoliamoci: pagheremo tasse e IMU,  vedremo aumentare i prezzi nei negozi e non sapremo come mangiare, venderemo la macchina, ma sappiate che con il sudore del nostro lavoro salveremo l'Italia (o meglio i privilegi di una certa Italia, quella che va Saint Moritz d'inverno per intenderci). Sempre se naturalmente riusciremo ancora a lavorare visto che le aziende chiudono una dietro l'altro, lasciandosi dietro la scommessa  e il sangue dei piccoli e medi imprenditori e degli artigiani che hanno investito capacità e denari per costruire un piccolo sogno nel cassetto.E se poi non ci riusciremo..un'altra manovrina è sempre possibile, lo sappiamo. E ricordatevi anche di non protestare. Al massimo è permesso solo il diritto di mugugno.
 
Lorenza Cordovani

Noi italiani razzisti? Ma fatemi il piacere...

Ho purtroppo un virus influenzale che mi costringe a letto ed a guardare la televisione cosa che peraltro non faccio mai. Da stamattina su 168 canali un coro di ipocrisia si è alzata sui fatti di Firenze. Gente che si è stracciata le vesti per l'atto di un folle che ha ucciso due senegalesi. Ci siamo cosparsi il capo di cenere, stracciati le vesti, ci siamo prostrati in fiumi di parole. Il rappresentante dei senegalesi di Firenze (http://www.youtube.com/watch?v=6W7fFgzgl2k) ci ha detto che noi siamo l'unico paese con l'odio nei cuori verso gli stranieri che si è manifestato con il governo di destra che li ha perseguitati e diffuso una sensazione di xenofobia. MI chiedo se si sa quello che si dice. Al di là di un folle che impugna la pistola e spara  su due senegalesi il cui atto è condannabile come quello del pazzo di Liegi che ha ucciso a caso in mezzo alla gente donne e bambini, perché un morto ammazzato è una persona con dei diritti inviolabili al di là del colore della pelle e non esistono morti di serie A e di serie B, è sempre figlio, marito , padre, moglie di qualcuno che soffirà per la sua perdita, vorrei ricordare anche agli italiani nonché a tutti gli stranieri che non esiste paese al mondo come il nostro che ha accolto stranieri  che vivono spesso al di fuori della legge, da clandestini a fianco dei  nostri supermercati e dei nostri negozi, a vendere merci contraffatta. CIò nonostante diamo loro moschee, case agevolate, asili, scuole e via dicendo. Chi ha voluto si è integrato mettendosi a lavorare in modo legale. Una famiglia un disoccupato italiano non ha gli stessi diritti. Gli stranieri  vengono nel nostro paese  vivono per lo più al di fuori delle norme e pretendono con arroganza cose che neppure noi abbiamo. Arriviamo a cercare di togliere i crocefissi dalle aule per non farli sentire diversi, ci sentiamo sporchi e cattivi se non lasciamo il carrello con l'euro dentro, le forze dell'ordine a volte fanno persino finta di non vederli. E poi ci danno e ci facciamo dare impunemente dei razzisti, si permettono di giudicare il governo e ci strappiamo le vesti. Tutto per un pazzo che ha ucciso. Ci sta bene.
Lorenza Cordovani