SI, SONO PROPRIO ESCREMENTI QUELLI GETTATI CONTRO IL
VOLTO DI CRISTO NELLO ‘‘SPETTACOLO’’ DI CASTELLUCCI
La versione
andata in scena a Milano è stata furbescamente edulcorata,
ma ecco il
video dove lo stesso Castellucci nel presentare precedentemente
lo stesso
spettacolo dice esplicitamente che l’intenzione è di lanciare ‘‘la merda a
Dio’’
di Riccardo Cascioli
Ci eravamo ripromessi in questi
giorni di non tornare direttamente sulle polemiche relative allo spettacolo
teatrale “Sul concetto di volto del
Figlio di Dio”, scegliendo invece di presentare ogni giorno previsto della
rappresentazione al Teatro Parenti di Milano (24-28 gennaio) una “catechesi” sul Volto di Cristo
attraverso alcune opere artistiche che nei secoli ne hanno trasmesso la bellezza
e la potenza.
Ma mentre continuiamo a proporre
una meditazione positiva sul Volto di Cristo, è necessario tornare almeno una
volta sullo spettacolo di Castellucci perché, anche da parte di giornalisti
cattolici seri, si stanno creando una serie di equivoci sul lavoro del regista
romagnolo.
C’è chi sostiene infatti che la
presa di posizione di chi ha parlato di blasfemia –noi compresi– sarebbe stata
viziata da notizie false sullo spettacolo che, invece, alla prova dei fatti non
sarebbe blasfemo. In concreto, non ci sarebbe nessun lancio di feci contro il
Volto di Cristo e il liquame di fine spettacolo che cola sul dipinto di
Antonello da Messina sarebbe soltanto inchiostro che non sta affatto a indicare
le feci. Si tratterebbe solo di una riflessione sulla condizione umana,
addirittura un grido, una preghiera nei confronti di quel Cristo che guarda la
scena per tutto lo spettacolo.
È bene allora chiarire che non c’è
stato alcun fraintendimento su che cosa è lo spettacolo di Castellucci, e lo ha
descritto molto precisamente Massimo Introvigne in uno degli
articoli.
Riportiamo il passaggio, per non
lasciare spazio ad altri equivoci: «Lo
spettacolo di Castellucci ha come tema la decadenza del corpo umano, messa in
scena attraverso l’incontinenza di un padre che non riesce a trattenere le
proprie feci, di cui la scena si riempie continuamente, accudito con pazienza da
un figlio. Sullo sfondo, un grande volto di Cristo tratto dal noto dipinto di
Antonello da Messina (1429 o 1430-1479). Nella versione dello spettacolo
presentata al Festival di Avignone dei personaggi, fra cui alcuni ragazzini,
lanciano granate contro il dipinto: ma sembra che questa scena sarà esclusa
dalla versione di Milano.
Alla fine, il volto di Cristo è invaso anch’esso da
liquami che danno al pubblico l’impressione -ampliata in alcune rappresentazioni
da effetti olfattivi- degli escrementi, mentre appare la scritta in inglese «You
are my shepherd» (Tu sei il mio pastore), con un «not» in caratteri più scuri
che è insieme presente e assente, così che in ogni momento la scritta può anche
essere letta come “Tu non sei il mio pastore”».
Dunque il nostro giudizio è stato
dato in piena consapevolezza dello spettacolo. A questo però bisogna aggiungere
che la versione andata in scena a
Milano è stata “furbescamente” edulcorata. Non solo è stata tagliata
la scena del lancio di pietre contro il Volto di Cristo http://www.youtube.com/watch?v=2pqQ8vgFP8w
ad opera di una decina di bambini, che comunque è parte della sceneggiatura
originale e già da sola basterebbe a parlare di blasfemia.
Ma nella versione presentata
nell’ottobre 2010 al RomaEuropa Festival, a Roma appunto, la blasfemia è ancora
più esplicita, come si ricava da questa recensione di TeatroeCritica http://www.teatroecritica.net/2010/10/sul-concetto-di-volto-nel-figlio-di-dio-ovvero-il-destino-dei-padri-secondo-romeo-castellucci/,
dove è chiaro che gli spettatori sono immersi per
un’ora nell’odore di feci e che il liquame che nel finale copre il Volto di
Cristo, nelle intenzioni è chiaramente
escremento.
E qui veniamo al secondo punto,
quello delle intenzioni dell’artista che, nelle dichiarazioni rese prima della
messa in scena a Milano, per qualcuno sono diventate una sorta di preghiera,
di grido a Dio.
Qui ci sono da chiarire due punti:
anzitutto che le intenzioni dell’artista, ammesso che siano vere, non possono
essere il criterio ultimo con cui giudicare un’opera. C’è un’oggettività, c’è un
Brutto e un Bello, che prescindono dalle intenzioni.
Cito ancora l’articolo già da noi
pubblicato a firma di Introvigne: “L’oscenità e la trasgressione, per usare
le parole del Papa, sono dati oggettivi. Non dipendono dalle intenzioni
dell’artista. Se qualcuno -è successo- mette in scena uno stupro di gruppo con
tutte le sue caratteristiche più oscene e ripugnanti, e poi afferma che il suo
scopo è denunciare la violenza contro le donne, il presunto fine condivisibile
del regista non giustifica il mezzo, che rimane oggettivamente
pornografico.
Il fine non giustifica i mezzi, neanche in campo
artistico: una verità difficile da accettare per una società immersa nel
relativismo, per cui non esistono valori oggettivi o azioni intrinsecamente
cattive, ma ogni azione va valutata caso per caso con esclusivo riferimento alle
intenzioni di chi la compie. Dunque noi non possiamo giudicare le intenzioni di
Castellucci, né sapere veramente se le sue giustificazioni sono sincere oppure
difensive, strumentali e pubblicitarie.
Ma possiamo e dobbiamo affermare che le intenzioni non
sono il criterio ultimo ed esclusivo per giudicare quello che vediamo. Lo
spettacolo nella sua sequenza finale -gli escrementi sul dipinto- mette in scena
qualche cosa che è brutto, ripugnante e -in quanto si accosta a Gesù Cristo
senza il rispetto dovuto a Colui che è veramente il Figlio di Dio- anche
offensivo per i credenti, i quali non sono obbligati a tollerarlo in nome di una
concezione relativista, dominante ma sbagliata, secondo cui spetterebbe solo
all’artista dire qual è il senso e il significato delle sue
opere”.
Il secondo punto riguarda proprio
l’autore: non sappiamo e non vogliamo giudicare cosa c’è nella testa e nel cuore
di Castellucci, però chi usa le sue ultime dichiarazioni per affermare che
non si tratta di uno spettacolo blasfemo e che anzi è una preghiera,
dovrebbe almeno confrontarle con le dichiarazioni che lo stesso Castellucci ha
reso nel presentare precedentemente lo stesso spettacolo, e che sono facilmente
reperibili su You Tube, come in questo video http://www.youtube.com/watch?v=27SUIybN01g,
dove dice esplicitamente che l’intenzione è di lanciare “la merda a Dio”.
E con altre interviste rilasciate
dallo stesso Castellucci a proposito delle sue idee sull’arte e su Dio, come noi
abbiamo già avuto modo di pubblicare http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=2127.
Infine, un’ultima questione
riguarda il modo di reagire: noi abbiamo detto con chiarezza che è legittimo
protestare anche pubblicamente, ovviamente in modo composto: è un diritto che
hanno tutti, non si capisce perché non dovrebbe essere garantito ai cattolici.
Però noi abbiamo privilegiato la preghiera e la Messa di riparazione, come è stato
fatto in una parrocchia di Milano la sera del 24 gennaio, perché questo
riteniamo sia il modo essenziale e pubblico in cui l’intera comunità cristiana
si riconosce.
In qualche modo la sgangherata
protesta in piazza del 24 sera, con la presenza di sigle che poco hanno a che
fare con il sentire dei fedeli cattolici, ci ha dato ragione.
Anche la manifestazione del 28
gennaio promossa dal Comitato San Carlo Borromeo voleva essere diversa, ma c’è
comunque una questione di fondo che aveva perfettamente centrato il Vescovo di
San Marino Monsignor Luigi Negri nel suo editoriale sempre su La Bussola
Quotidiana : “Certo che
se le Chiese cosiddette ufficiali –ma il termine mi è assolutamente ostico
perché la
Chiesa è una sola, non è né quella ufficiale né quella
carismatica, la
Chiesa è il mistero del popolo di Dio nato dal mistero di
Cristo morto e risorto e dall’effusione dello Spirito, quindi c’è una Chiesa
sola–.
Se la
Chiesa non reagisce adeguatamente in modo certamente non
rancoroso, non livido, assumendo in senso uguale e contrario l’atteggiamento
demenziale di questi parauomini di cultura.
Se non reagisce la Chiesa , allora necessariamente possono
intervenire in maniera protagonistica gente o gruppi che nella Chiesa non hanno
a cuore soltanto la difesa della Chiesa ma hanno a cuore l’espressione legittima
delle loro convinzioni.
Allora poi non si dica che la protesta è dei
tradizionalisti; la protesta è dei tradizionalisti perché la Chiesa come tale non prende
una posizione, che a me sembrerebbe assolutamente necessaria”
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