
DALL’INVIATO PIERO MANNIRONI
SIENA. Le parole sono come pezzi di ghiaccio che tardano a sciogliersi. Faticano a trovare una strada e raccontare un’emozione o un sentimento. Perché c’è tanta, tantissima fatica nella voce di Miracolosa Goddi, donna forte di Barbagia che per 31 anni ha creduto al suo uomo. E per lui, schiacciato da una accusa terribile e rinchiuso in una cella, ha combattuto con tutte le sue forze e forse anche di più. Lo ha sostenuto, aiutato e confortato. Ha bussato, con il cuore gonfio di speranza, a tante porte e tanti avvocati hanno sentito i suoi sfoghi e la sua rabbia. Poi, dopo la gioia delle assoluzioni, ha conosciuto la lunga e cupa notte delle condanne. Nel mentre ha saputo essere anche una madre straordinaria, allevando tre figli, nonostante vivesse una condizione esistenziale che avrebbe schiantato chiunque.
Forse nel suo nome c’è davvero un destino: Miracolosa. Ma più che credere ai miracoli, questa donna forte di Orune i miracoli sembra li abbia saputi fare.
Miracolosa Goddi è la moglie di Melchiorre Contena, l’allevatore di Orune che ha dovuto percorrere fino in fondo un calvario di trent’anni di galera, prima di vedere riconosciuta la propria innocenza. Assolto per due volte dall’accusa di aver fatto parte della banda che sequestrò e uccise l’imprenditore milanese Marzio Ostini nel 1977, è stato poi condannato a trent’anni dalla corte d’appello di Bologna. E poco ha importato che un ex latitante, Antonio Soru, dicesse: «Sono stato io con altri due complici a rapire Ostini». Tanto da essere condannato per quel feroce delitto.
E poi, tre anni dopo, anche un altro ex latitante, Pietrino Mongile, ha detto le stesse cose. Ma per arrivare a dire che Melchiorre Contena è innocente ci sono voluti altri dodici anni. Fino a snocciolare crudelmente l’ultimo giorno di pena.
Oggi Miracolosa Goddi non riesce a vivere pienamente la gioia e la soddisfazione per avere vinto la sua battaglia impossibile. Prima di tutto perché una vita perduta, una vita rubata, non te la può restituire nessuno. E poi perché Melchiorre è malato. Miracolosa oggi è in ospedale. Vicino a lui, come sempre.
Non ha molta voglia di parlare e sulla sua gioia si allunga l’ombra grigia della tristezza. «Finalmente - dice - dopo tanti anni è venuta fuori la verità, la sacrosanta verità. Ma di anni ne sono passati troppi, addirittura 31. Quando Melchiorre è stato arrestato ne aveva 38 e ora ne ha 69. Immagini come abbiamo trascorso la nostra gioventù, come ci siamo visti sfuggire la vita. Lui in un mondo e io in un altro. Vicini, ma costretti a essere lontani. Con tre bambini, mi ha lasciato».
C’è confusione nella corsia dell’ospedale e raccontare e raccontarsi non è facile. Una breve pausa, poi Miracolosa Goddi continua: «Ho sempre cercato di aiutarlo perché Melchiorre era un uomo che lo meritava. Io lo sapevo che era innocente. Gli credevo, ma soprattutto me lo sentivo dentro che lui con quella storiaccia non c’entrava nulla. Una donna sa sempre cosa c’è nel cuore del suo uomo. E per lui ho perciò fatto tutto quello che era nelle mie forze e nelle mie possibilità fare. Quanta frustrazione, però, quanta amarezza: lottavo, lottavo e poi, quando si apriva uno spiraglio di speranza, si tornava sempre al punto di partenza. E io mi sentivo impotente. Non vinta, ma impotente».
Storia incredibile, questa di Melchiorre Contena. Storia terribilmente intricata e contradditoria, ma nella quale si avvertono anche zone oscure, incomprensibili opacità.
«Come è possibile raccontare ora, in questo momento, gli ultimi trentuno anni? - dice ancora Miracolosa Goddi -. C’è il tempo per ogni cosa perché ogni fatto e ogni emozione devono essere digeriti. Oggi sento dentro di me, come dire, una gioia incompiuta. Sì, perché mio marito purtroppo sta male e non può vivere pienamente con me la restituzione della nostra dignità e del nostro onore. E poi ripenso sempre al martirio che abbiamo vissuto: mio marito chiuso dentro quattro mura e io fuori a badare alla famiglia, a pensare come assisterlo, a bussare alle porte degli avvocati che prima mi dicevano: “Io non so come sia stato possibile che abbiano condannato suo marito”. E dopo un po’ di tempo, invece, cambiavono e mi dicevano: “Mi spiace, non si può fare più niente”. C’era da impazzire. Lei pensi come può stare una donna che sa che il marito è innocente. Non basta: per i figli è anche costretta a essere padre e madre».
Miracolosa Goddi si ferma: «Mi scusi, sono un po’ confusa, c’è tanta confusione qui». Poi riprende: «Come? Se mi sento una donna forte? Non dovrei dirlo, ma sì, sono stata una donna forte, molto forte. Adesso però sono in crisi. Sapevo che le cose si stavano mettendo bene, che finalmente potevamo sperare davvero. E invece è arrivata la malattia. Melchiorre è così già un anno e mezzo. Per fortuna ora sta un po’ meglio».
E conclude: «Vede, un uomo può anche sbagliare, ma mio marito non ha sbagliato. Se uno non ha sbagliato, allora cosa deve fare? Dovevo forse strapparmi il cuore da petto per dimostrare l’innocenza di Melchiorre? Ora devo andare e tornare da mio marito... però un’ultima cosa la voglio proprio dire: “Spero davvero che un caso come il nostro non si ripeta mai più».
------------------------
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.