Da Il Sussidiario.net
lunedì 5 marzo 2012
Foto Fotolia
L'intervento su queste pagine di Achille Paliotta, ricercatore Isfol, merita più di una semplice ripresa. Perché, in forma sintetica, offre dati e riflessioni che dicono tutta la gravità del momento, con protagonisti, nonostante loro, i nostri giovani. Prima però di riprendere la riflessione di Paliotta, vorrei fermare l’attenzione sul nord-est, per il suo contesto paradigmatico. Recentemente è stata presentata un’indagine curata dal sociologo Ludovico Ferro per conto della Fondazione Corazzin di Mestre, che ha un esito che fa già intuire ciò che, più o meno sottotraccia, sta maturando nei giovani del nord-est: quasi il 30% dichiara di considerare scontato che non troverà lavoro in Italia, per cui la prospettiva di un’esperienza all’estero è già messa in preventivo nei loro sogni. Ovviamente, qui si parla di profili professionali legati all’alta formazione. Solo il 45% sogna ancora di rimanere fermo nella terra natia, “vicini a mamma a papà”, come si era espressa la ministra Cancellieri. Il 15% circa guarda ancora al nostro Paese, ma non vicino a casa, bensì a Milano e a Roma, soprattutto.
Se diamo un’occhiata ai dati occupazionali a un anno dalla laurea non possiamo dare loro torto: il 48% di quelli che hanno scelto l’estero ha già un lavoro, contro il 34% di quelli che sono rimasti in Italia. E all’estero guadagnano di più: 1600 euro contro i nostri 1000 (dati Alma Laurea). I legami di famiglia non sono quindi più determinanti, perché incombe la domanda di lavoro, e attraverso il lavoro la realizzazione personale. Anche se il pensiero del ritorno a casa, in un adeguato contesto professionale, sarà comunque sempre presente.
Il vero problema, come si intuisce, è di fondo: se ne va dal nostro Paese una fetta importante di giovani ben preparati, che potrebbero rappresentare il volano della ripresa e della crescita. Sono gli eredi involontari delle incrostazioni del nostro mondo del lavoro. Un esodo che ci penalizza tutti. Se guardiamo, però, oltre la cortina dei profili di alta specializzazione, abbiamo un quadro ancora più preoccupante: i dati ben riassunti da Paliotta offrono degli squarci che dovrebbero far tremare i polsi a tutti i nostri decisori politici, sociali, imprenditoriali, sindacali.